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Pasolini, caduto da sempre

Il filosofo e psicanalista Massimo Recalcati parte proprio da questa considerazione per dare avvio al suo saggio edito da Feltrinelli nella collana Varia Pasolini. Il fantasma dell’origine: “Ho incontrato il testo di Pasolini dopo aver incontrato da ragazzo il suo corpo morto, ferocemente assassinato”.  Questo incontro particolare ha suscitato in lui, come in molti giovani della sua generazione, un’ “empatia fisica, emotiva, viscerale”, che lo ha indotto a leggerne l’opera, partendo dalle sperimentazioni in dialetto friulano, lingua materna che viene prima della lingua nazionale e che Recalcati condivide con l’intellettuale di Casarsa.

Da questo primo approccio, il filosofo lacaniano ha indagato tutta la produzione di Pasolini, intrecciandone l’analisi dell’opera allo studio della biografia sulle tracce del fantasma inconscio che lo ha perseguitato per tutta la vita: il fantasma di un’Origine irrimediabilmente perduta, coincidente con la “purezza dei corpi incorrotti dall’alienazione della società dei consumi”, in contrasto con il divenire storico, che ha deturpato e snaturato il carattere religioso e mitico di quello spazio intonso e irrecuperabile, di cui non riesce a compiere il lutto. Di qui l’ossessione di Pasolini per il popolo contadino, che parla il dialetto friulano, e poi per quello delle borgate romane, del popolo africano e indiano, in un percorso a ritroso verso le origini incorrotte dell’umanità. Questa matrice rousseauiana del pensiero politico di Pasolini si fonde con l’esperienza intima e singolare della sua vita di figlio “sequestrato” dall’amore di una madre, che a sua volta coincide con il primo e purissimo amore dell’Origine, da cui non riesce a separarsi. Sarebbe questa incapacità di staccarsi dalla Cosa materna che avrebbe spinto Pasolini alla spasmodica ricerca di molteplici corpi senza anima da amare esclusivamente nella carne.

Secondo Recalcati, il fantasma regressivo di Pasolini, foriero di una idealizzazione del passato, scatena tuttavia una lacerazione, una divisione, che problematizza questo rapporto e che ne coinvolge necessariamente anche la riflessione politica e sociale. Si spiegano così i celebri versi de Le ceneri di Gramsci in cui il poeta si dichiara apertamente in accordo, ma anche in contrasto con il segretario del Pci cui vuole rendere omaggio. Lo scandalo del contraddirsiè una lacerazione che lui vive sul suo stesso corpo, che dimora in lui e lo rende schiavo di due spinte antitetiche, verso direzioni opposte: “Preservando il mito rousseauiano della vita come assoluto Bene […] e della storia come la sua necessaria degradazione, egli non può che restare diviso fra la trascendenza di un desiderio che lo sospinge incessantemente e disperatamente in avanti strappandolo dalla Cosa originaria e il rimpianto struggente e melanconico nei confronti di questa perdita irreversibile dell’Origine, che lo mantiene costantemente ripiegato all’indietro”, da sempre caduto da cavallo, ricalcando, in una dimensione laica, ma priva della spinta vitale della conversione e schiacciata dal trauma della ripetizione, il destino di Paolo di Tarso, che è al contempo Saul e Poalo.