Massimo Recalcati a Orzinuovi
È stato un po’ come tornare indietro nel tempo per me assistere a questa serata nell'ambito della prestigiosa rassegna Filosofi lungo l'Oglio,riconoscere nella voce e nei gesti del mio Maestro un Incontro fondamentale per la mia formazione, negli anni della mia giovinezza, quando sedevo in aule altrettanto gremite all’università di Bergamo, con gli studenti assiepati ovunque, molti seduti per terra, pur di ascoltare le sue lezioni di Psicologia dell’arte e della letteratura. Anche nella piazza della mia Orzinuovi ho assistito alla stessa magia, con molte persone, anche di una certa età, sistemate alla bell’e meglio sui sanpietrini (di certo non confortevoli) antistanti il palco pur di essere lì e sentire le parole di Recalcati.
Parole che hanno saputo dare voce ad uno dei temi più “scabrosi” e "osceni" della vita umana, che tuttavia ci riguarda tutti, nessuno escluso: l’esperienza della morte dell’Altro, che ci porta necessariamente a fare i conti con la nostra di morte, di noi che tra tutti gli esseri viventi siamo gli unici che contano i giorni che ci separano da quel trapasso in una dimensione ignota e spaventosa.
Per spiegare come dovrebbe funzionare il lavoro del lutto Recalcati ha citato dapprima un passo di Così parlò Zarathustra e poi l’introduzione a La Gaia Scienza del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. Ha infatti descritto con fervore il momento in cui Zarathustra, durante uno spettacolo circense, assiste alla caduta di un funambolo a terra e lo veglia negli ultimi attimi di vita. Unico, in tutta la folla, il filosofo persiano decide di caricarsi il morto sulle spalle e, “ingombrato” da questo peso che lo schiaccia, compie un lungo viaggio, di notte, al buio, nel bosco, finché all’alba si sgrava del corpo del defunto e lo deposita entro un tronco, nel cavo di un albero, di modo che divenga linfa per una vita nuova. Come quella portata dal vento del sud, citato ne La Gaia Scienza, che scioglie il freddo dell’inverno e ridona vigore e vivacità.