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Gianluca Goatelli scommette sulla D.O.C. di Capriano del Colle

Gianluca mi riceve a Capriano del Colle in un assolato pomeriggio di agosto, poco prima della vendemmia, quest’anno molto anticipata, dello chardonnay, base dei metodo classico Blanc de Blanc Anna Bottie Nature Ugo Botti. Quel giorno in cantina c’è grande fermento. Si sta preparando tutto per l’imminente vinificazione: Marco Zizioli, enologo e marito di Anna, insieme al figlio Francesco, sempre sorridente e volenteroso, appassionato di questo mestiere e impaziente di iniziare la facoltà di enologia a Trento, stanno sbrigando tutti i preparativi necessari. Li vedo salire e scendere dal muletto, entrare e uscire dalla cantina, mentre si confrontano sull’organizzazione degli spazi e dei tempi. Non c’è affanno, c’è amore per quello che fanno, passione per la terra e per il loro territorio, desiderio di vedere tramutato in nettare il frutto di un anno di lavoro.

Ed è proprio la grande stima per l’enologo Zizioli che ha portato Goatelli, vincitore nel 2012 del titolo di miglior sommelier della Lombardia, con una pluriennale esperienza in ristoranti stellati della provincia di Brescia, a investire su questa cantina, per promuovere la D.O.C. di Capriano del Colle, ancora poco conosciuta e spesso sottovalutata, nel mondo della ristorazione e dell’hôtellerie. Per lui, che vive in Franciacorta, investire sul suo territorio di residenza sarebbe stato troppo facile. Il Consorzio Franciacorta sta diventando molto forte e questa D.o.c.g. è oggi identificativa di una zona lombarda vocata alla produzione di bollicine metodo classico che sta diventando sempre più nota anche tra i non addetti ai lavori. Il boom è avvenuto negli ultimi anni e lui vorrebbe tanto riuscire, con la collaborazione del mondo food, a far sì che lo stesso accada per il Consorzio del Montenetto, istituito nel maggio 1981 e che tutela i vini Capriano del Colle D.O.C. e Montenetto di Brescia I.G.T..

Gianluca Goatelli, nonostante i numerosi riconoscimenti avuti nel suo settore, rimane una persona molto semplice e genuina e si racconta senza filtri rispondendo alle mie domande. Dal suo racconto emerge chiara la traiettoria che segna il suo percorso professionale: da un allontanamento dal suo territorio di origine, attraverso la conoscenza e la degustazione di moltissime etichette, per maturare una solida esperienza e farsi un bagaglio cospicuo e importante, ritornando alle origini. Ma entriamo nel vivo di questa intervista e lasciamo la parola al sommelier.

Ciao Gianluca, come è nata la tua passione per il vino?

A dire il vero, il mio primo interesse per il vino è nato in seguito ad una delusione in sala, quando lavoravo nel ristorante di famiglia Il Nuovo Nando a Brescia. Era il 2001 e una sera due clienti abituali, appassionati di vino, hanno ordinato un Dolcetto d’Alba di Manzone (me lo ricordo perfettamente). Avevo solo 4 bottiglie di questa referenza e nessuna di queste ha soddisfatto i clienti. Sostenevano infatti che fossero tutte difettose e sentissero di tappo. Io ero completamente inesperto e questa sensazione mi ha creato un forte disagio. Non avrei più voluto farmi trovare impreparato in una situazione del genere e così, su consiglio di un altro cliente e amico, Enzo Ceretti, che era già sommelier, mi sono iscritto al primo livello del Corso AIS. In un anno e mezzo ho completato tutti e tre i livelli e ho subito sostenuto l’esame. Durante il mio periodo di formazione ho avuto la fortuna di confrontarmi spesso con Davide Cavallari, anche lui sommelier e titolare di una pasticceria a Brescia, che ogni domenica veniva a pranzo da noi e insieme facevamo una piccola palestra di degustazione. Ci vuole molto allenamento, molto esercizio per sviluppare una buona sensibilità e aumentare il proprio ventaglio di conoscenze olfattive e gustative per riconoscere le varie caratteristiche di un vino. Nel 2004 sono diventato Sommelier Professionista e nel 2005 ho partecipato al mio primo concorso Miglior Sommelier Novello. Piemonte, Triveneto e Lombardia, dove mi sono classificato terzo, nonostante la forte tensione dato che c’era una platea di circa quattrocento spettatori. Nel 2008 ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare in un ristorante stellato, L’Artigliere di Davide Botta. Nel 2009, 2010 e 2011 sono stato sommelier del Ristorante Capriccio a Manerba del Garda. Nel 2012 ho vinto il premio di Miglior Sommelier Lombardia e dal 2014 al 2020 ho lavorato continuativamente al Due colombe a Borgonato, con lo chef Stefano Cerveni. Lì degustavo tra i 7000/7500 vini all’anno, una media di circa 30 vini al giorno. Per me è stata una palestra incredibile.

Un bel bagaglio esperienziale, direi! Qual è stata secondo te la cosa più difficile dell’essere un sommelier professionista in ristoranti stellati?

Senza dubbio aprire bottiglie costose. Ho avuto la fortuna di guidare una serata molto importante con un cliente facoltoso e ho aperto sei bottiglie prestigiose, che si aggiravano intorno ai 3.000 euro l’una e un Romanée Conti del 1985, valutato alle aste mediamente 16.000 euro. Quando ti trovi a dover stappare bottiglie di questo valore ti tremano le mani e la voce, inizi a sudare per l’ansia da prestazione. Devi fare in tempo reale moltissime valutazioni per valorizzare il prodotto e non sai mai cosa troverai al momento dell’apertura.

Un lavoro di grande responsabilità, quindi! E dai ristoranti stellati come sei arrivato a Tenuta La Vigna? Cosa ti ha spinto a scommettere su questo territorio e i suoi vini?

Nel 2003 venne al mio ristorante Marco Tonni, agronomo di questa azienda e mi portò un Monte Bruciato da assaggiare. Ricordo che mi piacque particolarmente. Da quel momento sono venuto spesso qui, a cadenza regolare, ad assaggiare le nuove basi e le nuove annate e ogni volta mi colpiva l’eleganza di questi vini, che ritenevo, soprattutto ai tempi, i più raffinati in assoluto di questo territorio scarsamente considerato in sommellerie. Io ho inserito nella carta vini di ogni ristorante in cui ho lavorato qualcosa di Tenuta La Vigna. Per anni però mi sono concentrato sulla conoscenza e la valorizzazione di vini italiani di pregio, di vini francesi, di tantissime parti del mondo, tralasciando sempre il mio territorio. A distanza di vent’anni e con un bagaglio di esperienze ricco e variegato, ho sentito il desiderio di tornare alle origini e di provare una nuova modalità di stare nel mondo del vino. Marco Zizioli, che io stimo moltissimo professionalmente e umanamente, cercava qualcuno che scommettesse sulla sua cantina e sui vini della D.O.C. di Capriano del Colle e ho pensato che potessi essere io quella persona, perché credo in questo progetto e vorrei vedere crescere questa azienda, oltre che nobilitare questo territorio vitivinicolo. Non sarà facile, anche perché questa è una zona ancora poco famosa, ma il territorio ha grandissime potenzialità. In questa esperienza io sto imparando moltissimo. Il mio primo obiettivo è ampliare le mie conoscenze in ambito enologico e agronomico, per poter vendere un prodotto sapendo esattamente cosa ci sarà nel bicchiere che le persone acquistano. Da Marco sto apprendendo tantissime cose, e pensare che alle prime lezioni di agronomia ed enologia del corso Ais avevo pensato di mollare tutto perché mi sembrava di non capirci nulla. Sono molto contento della scelta che ho fatto, soprattutto perché amo questi vini, li trovo ottimi prodotti.

Parlacene un pochino allora, raccontaceli e consigliaci degli abbinamenti, anche insoliti!

Volentieri! Marco sta facendo un lavoro eccellente. Abbiamo un territorio che con questa annata si conferma in crescita qualitativa e progressiva dal 2018. Abbiamo infatti aumentato la produzione. Andiamo con ordine e partiamo dai due Spumanti di Qualità metodo classico 100 % chardonnay: Nature Ugo Botti e Anna Botti brut. Personalmente prediligo il brut, che ha comunque un dosaggio basso, intorno ai 5 g/l di zuccheri e lo trovo entusiasmante, con una bolla fine e salina, che non ha nulla da invidiare alla Franciacorta. Ugo Botti lo trovo una versione più da secondi piatti di carne, uova, pesci al forno più conciati e grassi, oltre che con lo spiedo.

 

Il Torrazza (Capriano del Colle Bianco D.O.C.), bianco fermo ottenuto da uve Trebbiano, cambia molto in base alle annate. In particolare, ho trovato l’annata 2020, purtroppo esaurita, di una apertura e una mineralità da fare invidia a dei buoni Lugana. Lo trovo fantastico con uno spaghetto alle vongole, una frittura di pesce e di erbe, un salmerino fritto, un buon coniglio, ma anche una quiche lorraine o frittata alle erbe. Ottimo anche da aperitivo e perfetto secondo me con i casoncelli alla ricotta ed erbette. Sgrassa grazie all’acidità e ha un buon tenore alcolico.

I rossi si confermano di una potenza e di una bevibilità straordinari.

Il Lamettino (Capriano del Colle Marzemino D.O.C.), che è un 100 % Marzemino, lo trovo ottimo per una merenda a base di pane e affettati. Piacevolissimo è il risotto al Marzemino, che nel piatto si presenta di un bel colore viola vivace. Un altro abbinamento molto interessante che ho scoperto nel 2012 è con il petto d’anatra scottato, tagliato sottile e guarnito con una marmellata ai frutti di bosco.

Il Rubinera (Capriano del Colle Rosso D.O.C.), ottenuto da uve Sangiovese, Marzemino e Merlot, è perfetto con le carni alla griglia. Soprattutto nelle ultime annate è un rosso con una buona freschezza, una alcolicità interessante e un bel frutto alla bocca. Con certe cotture è fondamentale una buona acidità, con un tannino moderato e una bella bevibilità.

Il Monte Bruciato (Capriano del Colle Rosso Riserva D.O.C.) invece, essendo il rosso più strutturato della cantina, il più opulento, è da bere con piatti untuosi, ricchi, con degli intingoli. Penso agli stracotti di asino, alla selvaggina in umido, ai brasati, agli stufati, alle guancette, alla polenta e ai formaggi stagionati.

Grazie mille per questa bella panoramica e questi consigli. Concedimi un’ultima domanda: qual è il vino che hai bevuto nella tua pluriennale esperienza che ricordi con maggiore emozione?

Ne ho più di uno, ma quello che mi viene subito in mente è un Barolo del 1961 di Gaja, che ho avuto il piacere di bere al ristorante di Carlo Cracco nel 2011 con il mio amico e collega Nicola Bonera. Il ristorante ai tempi era ancora in via Victor Hugo. È stata una delle più belle bevute che ho fatto. Quel giorno abbiamo assaggiato 11 vini con il menu di 15 portate e il sommelier che ci ha accolti è Luca Gardini. Ricordo che ci abbinò un Passito di Pantelleria con le ostriche e ci propose anche un incredibile Chateau Rayas 2003 bianco. Ma il Barolo ‘61 di Gaja è stato il più emozionante. Lo ricorderò per sempre.

Grazie Gianluca, per il tuo tempo e per avermi raccontato con tanta onestà e umiltà il tuo percorso, che in fondo è la storia di una passione nata e coltivata con impegno e determinazione a seguito di una delusione in sala, di un senso di “fallimento”. Credo che potrà essere di esempio ad alcuni lettori e che li inviti a non abbattersi di fronte alle batoste, ma piuttosto a trarne qualcosa di buono e fruttuoso. In bocca al lupo per questa tua nuova esperienza, ancora tutta da scrivere!

Ringrazio Simona Burgio per le fotografie. Alcune sono di Mauro Fermariello e alcune di Silvia Grazioli. Ringrazio anche Anna Botti e Marco, Francesco e Giacomo Zizioli per l'ospitalità che mi riservano sempre. Andate a trovarli! Ne varrà la pena!

 

Metinella: la scommessa di Stefano Sorlini!

Per coltivare questa mia nuova passione, da qualche mese mi sono associata all'AIS - Associazione Italiana Sommelier, presso la delegazione di Brescia, e mi sono iscritta ai loro corsi. Ho conlcuso il primo livello e non vedo l'ora che si sblocchi questa difficile situazione per tornare a seguire il secondo livello. Frequentando con passione la sede Ais di Brescia ho scoperto numerose iniziative volte a far conoscere le varietà vitivinicole italiane e tra queste, estremamente accessibili a livello di costi, ci sono anche le serate dedicate alle presentazioni aziendali, in cui le diverse cantine propongono i loro prodotti, guidate da un degustatore scelto dalla delegazione. La prima serata cui ho avuto il piacere di partecipare è stata il 27 gennaio 2020, con la presentazione della cantina Metinella di Montepulciano, nata dalla scommessa di Stefano Sorlini, imprenditore bresciano.