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Un intellettuale abitato dal conflitto insanabile tra pulsione e storia

Pasolini, caduto da sempre

La lettura recalcatiana del fantasma inconscio di Pasolini

La figura di Pier Paolo Pasolini mi tocca nell’intimo. C’è qualcosa nella sua parabola esistenziale che mi parla, o meglio, che mi legge. Ogni volta che mi avvicino alla sua storia, prima che alla sua opera, sono travolta dalla sofferenza tragica che ne ha segnato il destino mortifero e feroce. Forse perché, essendo nata negli anni Ottanta, ho conosciuto Pasolini solo dopo che era stato barbaramente ucciso in circostanze oscure, ancora insolute, sul litorale di Ostia nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 (data quanto mai simbolica, a cavallo tra il giorno della commemorazione dei Santi e quello dei morti). La visione del suo corpo assassinato ha necessariamente segnato il mio rapporto con questo autore singolare e profetico.

Il filosofo e psicanalista Massimo Recalcati parte proprio da questa considerazione per dare avvio al suo saggio edito da Feltrinelli nella collana Varia Pasolini. Il fantasma dell’origine: “Ho incontrato il testo di Pasolini dopo aver incontrato da ragazzo il suo corpo morto, ferocemente assassinato”.  Questo incontro particolare ha suscitato in lui, come in molti giovani della sua generazione, un’ “empatia fisica, emotiva, viscerale”, che lo ha indotto a leggerne l’opera, partendo dalle sperimentazioni in dialetto friulano, lingua materna che viene prima della lingua nazionale e che Recalcati condivide con l’intellettuale di Casarsa.

Da questo primo approccio, il filosofo lacaniano ha indagato tutta la produzione di Pasolini, intrecciandone l’analisi dell’opera allo studio della biografia sulle tracce del fantasma inconscio che lo ha perseguitato per tutta la vita: il fantasma di un’Origine irrimediabilmente perduta, coincidente con la “purezza dei corpi incorrotti dall’alienazione della società dei consumi”, in contrasto con il divenire storico, che ha deturpato e snaturato il carattere religioso e mitico di quello spazio intonso e irrecuperabile, di cui non riesce a compiere il lutto. Di qui l’ossessione di Pasolini per il popolo contadino, che parla il dialetto friulano, e poi per quello delle borgate romane, del popolo africano e indiano, in un percorso a ritroso verso le origini incorrotte dell’umanità. Questa matrice rousseauiana del pensiero politico di Pasolini si fonde con l’esperienza intima e singolare della sua vita di figlio “sequestrato” dall’amore di una madre, che a sua volta coincide con il primo e purissimo amore dell’Origine, da cui non riesce a separarsi. Sarebbe questa incapacità di staccarsi dalla Cosa materna che avrebbe spinto Pasolini alla spasmodica ricerca di molteplici corpi senza anima da amare esclusivamente nella carne.

Secondo Recalcati, il fantasma regressivo di Pasolini, foriero di una idealizzazione del passato, scatena tuttavia una lacerazione, una divisione, che problematizza questo rapporto e che ne coinvolge necessariamente anche la riflessione politica e sociale. Si spiegano così i celebri versi de Le ceneri di Gramsci in cui il poeta si dichiara apertamente in accordo, ma anche in contrasto con il segretario del Pci cui vuole rendere omaggio. Lo scandalo del contraddirsi è una lacerazione che lui vive sul suo stesso corpo, che dimora in lui e lo rende schiavo di due spinte antitetiche, verso direzioni opposte: “Preservando il mito rousseauiano della vita come assoluto Bene […] e della storia come la sua necessaria degradazione, egli non può che restare diviso fra la trascendenza di un desiderio che lo sospinge incessantemente e disperatamente in avanti strappandolo dalla Cosa originaria e il rimpianto struggente e melanconico nei confronti di questa perdita irreversibile dell’Origine, che lo mantiene costantemente ripiegato all’indietro”, da sempre caduto da cavallo, ricalcando, in una dimensione laica, ma priva della spinta vitale della conversione e schiacciata dal trauma della ripetizione, il destino di Paolo di Tarso, che è al contempo Saul e Poalo.

L’analisi di Recalcati si chiude con una lettura del celebre articolo di Pasolini dal titolo Il Pci ai giovani, che ne mette in luce un aspetto molto spesso trascurato dalla critica: Pasolini, nonostante si sia espresso duramente nei confronti della storia e dello sviluppo senza progresso del nuovo tecno-fascismo capitalista in grado di assimilare l’inassimilabile, si rivela un grande pensatore delle istituzioni. Tramite questa riflessione egli problematizza il suo rapporto con il potere che contesta. Le contraddizioni che lo abitano intimamente e che si riflettono nella sua Weltanschauung sanno farsi feconde e innovative: nonostante la sua ideologia populista, che identifica il popolo con il bene assoluto, egli si fa infatti il portavoce di una poetica delle istituzioni, che possono essere un miracolo di civiltà per il loro carattere “commovente” e “misterioso”, in grado di preservare la sacralità della vita.

Forse è proprio perché vive la lacerazione sulla propria pelle, nella sua stessa carne, che Pasolini è stato un pensatore così profetico. Per comprenderlo a pieno mi verrebbe da dire che occorre un esercizio di tipo sintattico che preveda la logica flessibile della correlazione, che concepisce i termini antitetici implicati l’uno all’altro sin dall’origine, come insegna Giovanni Bottiroli: dovremmo essere in grado di far vacillare le particelle sincategorematiche esplicite e sostituire, come all’interno di un processo onirico, alle congiunzioni concessive delle congiunzioni causali. È lo stesso Pasolini a suggerirci questa lettura in una interessante intervista rilasciata a Jon Halliday: “Ho una tendenza razionale a esortare alla consapevolezza e alla razionalità, precisamente perché sono fondamentalmente irrazionale e ingenuo come Edipo e, sotto sotto, ignorante.” Seguendo questo modello retorico, potremmo dire che Pasolini testimonia con coraggio l’impegno civile e collettivo dell’intellettuale non benché fosse un individualista, ma forse proprio perché era un individualista. Era così sospinto in avanti, perché ripiegato all’indietro. È la duplicità polare e insanabile che lo attraversa la cifra più feconda del suo pensiero.


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Massimo Recalcati

Pasolini. Il fantasma dell'origine

Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere con te e contro te; con te nel cuore, in luce, contro te nelle buie viscere
Pier Paolo Pasolini

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